Adottiamo un robot con Massimo Sirelli.
Questa è una favola, una favola ambientata a Torino, in un’agenzia di comunicazione multimediale che si trasforma all’occorrenza in un laboratorio creativo.
E Geppetto si chiama in realtà Massimo Sirelli, un passato da writer, un presente da creativo, un futuro che prende forma grazie alla sua voglia di inventare e all’amore per il vintage e i robot.
Oggi la storia che vi raccontiamo è quella di “Adotta un Robot”.
Massimo comincia a creare Robot circa un anno fa: prima, nascono i Teneri Bulloni, piccoli e “alti solo un soldo di cacio”, e si trasformano in regalo di Natale per gli amici, trasferendo in latta e giunture il loro carattere, la loro fisicità, perfino il loro nome!
Le trasferte di Massimo fanno il resto: latte scovate a casa, e poi trovate nei viaggi, tra un mercatino delle pulci e l’altro, e al Balon, il mercatino di Borgo Dora che diventa “il posto delle finiture”.
Nasce così per caso “Adotta un Robot”: in una settimana dalla messa on line del sito, Massimo ha già ricevuto 300 email di adozione. E le richieste arrivano da chiunque: appassionati, ragazze alla ricerca di un pensiero speciale per il proprio fidanzato, fan del design. Un’utenza davvero variegata e trasversale.
“Adotta un Robot” per il momento è un vero asilo per robottini, e Massimo non sa ancora se si trasformerà in un e-commerce: ogni robot ha una storia ed emozioni diverse, e l’acquirente deve passare una piccola selezione prima di diventare papà o mamma.
Ciascun robot, infatti, nasce da una lunga gestazione, per dare modo a Massimo di incastrare i pezzi nel modo più giusto: operazione che può prendere anche qualche settimana, come fossero bambini in miniatura, più che robot.
Inoltre, ogni scheda robot presenta una rubrica che racconta le genesi degli oggetti che compongono il robot: ad esempio Guglielmo è formato dalla latta di una nota azienda calabrese leader nella produzione di caffè.
Qualche robot è già partito per la nuova casa, voi vi sentite pronti per ospitarne uno?
Osservando le creature metalliche nate e cresciute nel laboratorio di Massimo, il pensiero va a ciò che sosteneva John Cage sul talento e sulla sua espressione: se un adulto ricorda cosa amava fare di più all’età di 8-11 anni, e se riesce a farlo diventare il proprio lavoro “da grande”, diviene una persona realizzata.