Il cielo su Torino
C’è il cielo su Parigi, con le nuvole che corrono veloci. Se ti fermi a guardarle, le vedi correre verso l’oceano.
C’è il cielo su Lisbona, che a metà pomeriggio si tinge d’oro e si tuffa nel Tago, trasformando il tramonto in un fondale luccicante.
C’è il cielo su New York, altissimo, che riesci a vedere solo dopo aver corso con gli occhi sulle mille finestre dei grattacieli.
E poi c’è il cielo su Torino. Che in certe mattine d’inverno ti sveglia con un azzurro ghiacciato che sa di freddo, come se le montagne l’avessero soffiato fino a te.
E tu sai che sei in città, però se guardi a ovest, se da piazza Castello fai scorrere lo sguardo fino in fondo a via Garibaldi, ti sembra che le Alpi siano lì, a due passi da piazza Statuto. E tu in questa città sei nata, eppure ogni volta che senti il freddo accarezzarti le guance non puoi non guardarle, laggiù, imponenti e serie come i saggi di una volta.
Poi c’è il cielo che arriva a primavera, quello che si infila fra le imposte la mattina presto ed è azzurro chiaro, perché fra le sue maglie c’è la promessa della luce estiva. È il cielo che profuma di giornate fuori, di biciclette riscoperte e di ginocchia che abbandonano l’inverno. È il cielo che ti regala le maniche corte del pomeriggio e i colori dei primi fiori, ma ti lascia ancora il freddo della sera.
E poi quel cielo su Torino si fa investire dall’estate, e tu stai a chiacchierare sotto casa e ti arriva addosso un po’ di vento che sa di mare. A volte pensi sia solo suggestione, altre credi che sia un richiamo vero e proprio, come le sirene. Venite, gente, venite a sud, qua c’è la spiaggia.
Ci sono città che puoi scoprire mantenendo lo sguardo orizzontale. E poi c’è Torino, che ti chiede sempre di guardare in alto.
Con il suo cielo su un palcoscenico costante, con le montagne a fare da scenario. Con la Mole che ti indica qualcosa nell’azzurro, e sembra che lo tocchi. Con i bar e i ristoranti che appena arriva un po’ di sole invadono le strade, e ti permettono di chiacchierare con il cielo per soffitto. E con lo spirito un po’ folle di chi non si arrende mai, e trova in quell’azzurro un motivo per sperare.